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Ma quale difesa della famiglia biologica naturale! Chiamiamola col suo nome: OMOFOBIA

Ma quale difesa della famiglia biologica naturale! Chiamiamola col suo nome: OMOFOBIA

Nelle ultime settimane tre sentenze, una della Corte d’Appello di Trento e due del tribunale dei Minori di Firenze, hanno segnato un importante passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle cosiddette famiglie arcobaleno.

Nel primo caso si tratta del riconoscimento del legame genitoriale tra due minori nati all’estero con la GPA (gestazione per altri) e il loro padre non genetico. La legittimazione della genitorialità è passata per l’accoglimento dell’efficacia giuridica del provvedimento della Corte Superiore di Giustizia del Canada, luogo di nascita dei minori, che ha riconosciuto l’esistenza di un legame tra i bambini e il loro padre non biologico. Per la Corte d’Appello di Trento “l’insussistenza di un legame genetico tra i minori e il padre non è di ostacolo al riconoscimento di efficacia giuridica al provvedimento straniero: si deve infatti escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato; all’opposto deve essere considerata l’importanza del concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato”.

Le sentenze Fiorentine, invece, riconoscono anche in Italia la validità di due adozioni avvenute all’estero. La prima nel Regno Unito, dove i due cittadini italiani protagonisti della vicenda risiedono da diversi anni, la seconda negli Stati Uniti, dove a essere riconosciuta è l’adozione da parte di altri due uomini, uno americano e l’altro italo-americano. A differenza della Step Child Adoption, ossia l’adozione del figlio del compagno, (di qualche giorno fa la notizia del riconoscimento di quest’ultima, da parte del Tribunale Civile di Roma, a una coppia di mamme) le adozioni in questione sono adozioni legittimanti: i bambini adottati non hanno, cioè, alcun legame biologico con nessuno dei due genitori, ma in forza dell’adozione diventano a pieno titolo figli di entrambi. Sebbene in Italia le adozioni legittimanti non siano accessibili alle coppie omosessuali, in entrambi i casi la Corte ha riconosciuto valido anche nel nostro Paese il legame genitoriale registrato all’estero grazie all’articolo 36 comma 4 della legge n. 184/83 sulle adozioni, che prevede di accogliere “l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani purché conforme ai principi della Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale.”

Al di là delle specificità dei singoli casi, le sentenze citate fanno emergere degli aspetti rilevanti nell’ottica del progressivo riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali.

In primo luogo, a essere riconosciuta è la possibilità stessa di essere genitori nonostante le proprie inclinazioni sessuali, considerate ininfluenti per l’interesse del minore. A questo si aggiunge l’idea, ribadita anche esplicitamente nella sentenza di Trento, che la genitorialità biologica e quella sociale non sono coincidenti e che la prima non è condizione necessaria per attestare la seconda. Non è il legame biologico in sé a stabilire la capacità di una persona di essere un buon genitore, ma la sua volontà di prendersi cura, accudire, crescere e educare i propri figli.

Questi due punti rappresentano un ulteriore e importante passo verso la dissoluzione di un’idea precostituita e monolitica di famiglia, intesa esclusivamente come un gruppo sociale composto da un uomo, una donna e uno o più figli nati dalla loro unione sessuale. A questa idea viene sostituita una pluralità di modelli familiari, dove l’unica condizione necessaria a legittimarli come tali è il legame affettivo e di cura reciproca.

Se per alcuni queste sentenze sono state accolte come un’importante vittoria, non sono in pochi ad aver gridato allo scandalo e ad aver tuonato contro la dissoluzione dei valori familiari e contro ciò che di più sacro ci sarebbe nella famiglia: il legame di sangue.

Quanto alla prima accusa, sfugge il senso di accusare quanti, di fatto, vogliono moltiplicare il numero di modelli familiari e dunque, se possibile, dare maggiore importanza e risalto alla famiglia in tutte le sue declinazioni possibili di essere contro i valori della famiglia. Chi sostiene che la famiglia eterosessuale non sia l’unico modello possibile non nega o vuole disgregare alcunché, vuole semmai riconoscere ulteriori forme d’amore e cura reciproca.

La seconda accusa, che è quella che maggiormente viene ripetuta in questi giorni, è quella di voler trasgredire alla legge naturale e alla biologia arrogandosi il diritto di essere padri e madri senza averne il “diritto naturale”. A questo proposito i giudici sono accusati di voler riscrivere, a colpi di “sentenze creative”, la biologia: la sola e unica a poter decidere chi è genitore e chi no.

Sebbene quanti sollevino questo argomento si spaccino per nobili e integerrimi paladini di una presunta legge naturale che sancisce un presunto e immodificabile ordine naturale, la loro posizione non manifesta altro che una malcelata omofobia e un atteggiamento discriminatorio rivolto solo ed esclusivamente alle coppie dello stesso sesso.

Se l’oggetto delle loro rimostranze e delle loro feroci critiche fosse davvero il mancato rispetto dei legami biologici, considerati fondamentali per il riconoscimento del vincolo affettivo, allora tale evenienza dovrebbe essere sempre e comunque condannata, ma così non accade. Sebbene, infatti, i detrattori del modello familiare omosessuale sostengano che la motivazione del loro dissenso sia legata al rispetto della biologia e al non accettabile stravolgimento della famiglia naturale, questa affermazione vale solo ed esclusivamente quando si parla di persone omosessuali. Le adozioni legittimanti in Italia sono attualmente consentite e accessibili alle coppie eterosessuali. Nessuno si è mai scagliato contro tali adozioni descrivendole come un indebito sovvertimento della biologia. Non è dunque l’adozione legittimante in sé ad essere un problema, ma il fatto che le sentenze abbiano riconosciuto questa possibilità a coppie dello stesso sesso. Scagliarsi contro le sentenze delle varie corti a favore delle famiglie omogenitoriali nasconde, dunque, un pregiudizio omofobico.

I pronunciamenti dei giudici mostrano come nel nostro Paese il riconoscimento e l’estensione dei diritti ai cittadini dipendano molto spesso dall’operato dei tribunali. Non è la prima volta, infatti (ricordiamo il caso della Legge 40, smantellata nel corso degli anni da oltre 30 sentenze ) che i giudici si trovano a dover colmare un vuoto normativo molto spesso legato all’inerzia dell’apparato legislativo e alla renitenza ad affrontare questioni spinose dal punto di vista etico. A questo proposito abbastanza eclatante e paradigmatica la prima giornata di discussione in Parlamento della legge sul testamento biologico che ci ha regalato l’indecoroso spettacolo di un’aula deserta come specchio del disinteresse su un argomento che diventa urgente nei soli giorni in cui i casi di cronaca incalzano.

Per chi non lo ricordi, qualche giorno fa -19 Marzo- era la festa del papà, ricorrenza che in Italia coincide con la celebrazione di San Giuseppe. Non occorre essere grandi conoscitori del Vangelo per ricordarsi che, seguendo il criterio del vincolo biologico, il nome di Giuseppe non potrebbe essere in alcun modo accostato alla paternità.

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