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Autismo e latte di cammello. Una riflessione sulle cure alternative

Autismo e latte di cammello. Una riflessione sulle cure alternative

Qualche giorno fa il British Medical Journal ha pubblicato un caso medico riguardante un bambino britannico di 4 anni affetto da autismo. È stato portato al pronto soccorso in gravissime condizioni a seguito della scelta dei genitori di curarlo seguendo i consigli di un naturopata e somministrandogli dei “supplementi olistici”: vitamina D, calcio e magnesio, latte di cammello, olio di fegato di merluzzo e tantissimi altri integratori.

Il bambino, portato dai medici dopo tre settimane di profondo malessere fisico -vomito, perdita di appetito, importante perdita di peso- è risultato essere vittima di una vera e propria intossicazione legata alle altissime concentrazioni di vitamina D e calcio somministratigli attraverso i vari integratori. L’iniziale omissione da parte dei genitori di queste “cure” ha, peraltro, complicato notevolmente il lavoro dei medici che solo dopo esser venuti a conoscenza delle prescrizioni del naturopata sono riusciti a risalire alle cause dell’intossicazione.

In un periodo in cui si moltiplicano storie di genitori che scelgono per i propri figli regimi alimentari improvvisati e senza alcuna supervisione medica, dove la diffidenza nei confronti della medicina tradizionale sta determinando un calo consistente della copertura vaccinale, dove il fascino delle cure alternative attrae l’attenzione di genitori disorientati da una cattiva informazione, casi come questo ci fanno riflettere sull’utilità e sull’impatto che certe cure “naturali” possono avere sul corpo e sulla salute delle persone e quanto siano sottovalutati i rischi e le conseguenze di una somministrazione massiccia e non ponderata di integratori alimentari.

Il ricorso alle terapie alternative in ambito pediatrico è un fenomeno piuttosto diffuso, soprattutto in caso di bambini con patologie croniche che -come nel caso dell’autismo- non presentano molte opzioni terapeutiche.

Molto spesso i genitori, insoddisfatti delle medicina tradizionale, cercano una via alternativa affidandosi a persone dalla discutibile professionalità. Questi consigliano loro vie che appaiono loro più sane perché “più naturali” e quindi, dal loro punto di vista, prive di effetti collaterali. In realtà la naturalità di un elemento nulla ci dice sulla sua bontà e sugli effetti, anche mortali, che può comportare sul corpo di un bambino, soprattutto se somministrato in altissime concentrazioni.

Questa errata percezione di non nocività delle terapie alternative, inoltre, porta spesso i genitori a sottovalutarne i possibili effetti collaterali e, dunque, ometterne la pratica con il personale medico che viene dunque privato di elementi importantissimi per poter fare una giusta diagnosi.

Le gravi conseguenze che possono comportare decisioni genitoriali come queste, non adeguatamente supportate da una consulenza medica qualificata, offrono ancora una volta lo spunto per riflettere su quanto sia importante vagliare attentamente le scelte che vengono compiute nell’interesse e per conto di un minore che ne subirà sul proprio corpo, nel bene e soprattutto nel male, tutte le conseguenze.

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